Comincio parlando della prima cosa che colpisce il lettore: l'apparato grafico.
La copertina (tralasciando le citazioni di cui il fumetto è saturo) è favolosa, simbolica, con rimandi culturali e interni alla storia, bella anche la scelta del viola per il titolo e per la figura umana. Il viola è il colore con la frequenza più alta e la lunghezza d'onda più corta. Un colore estremo ai limiti delle percezioni umane, come appunto lo spazio profondo del titolo. La figura in primo piano, un Dylan Dog in posizione fetale perso nei meandri del cosmo oltre a rappresentare la condizione umana si lega a doppio filo con la trama dell'albo. Complimenti a Mastro Stano. andiamo avanti.
I disegni non mi sono piaciuti. Non sto assolutamente dicendo che Nicola Mari non sappia fare il suo lavoro (per carità signora), dico semplicemente che le fronti da Australopiteco (alla Boe Siszlak per intenderci) fanno ribrezzo, un difetto (scelta stilistica) che purtroppo pregiudica l'espressività facciale degli attori. Mentre invece riescono benissimo le inquadrature, dove Mari alza e abbassa freneticamente il punto di vista, torcendo l'occhio dello spettatore come in un film di Tarry Gilliam, riprendendosi il maltolto dei volti con degli ottimi dettagli, sia fisici che ambientali e dipingendo dei "mostri" tra Lovecraft e Carpenter letteralmente "da paura".
Purtroppo le tavole in rete sono poche, qui di fianco potete vedere le fronti da Boe e le espressioni tronche di cui parlavo, più qualche accenno di mostri che sono niente in confronto a quelli che troverete nell'albo. Ultime note alla grafica sono per i colori e la struttura della pagina. Nei colori, la Bonelli mostra e dimostra che (considerando anche il lavoro svolto su Orfani) sta facendo passi da gigante in questo senso, superbi i giochi di luci e ombre e i riflessi luminosi. Sempre grande De Felici, continua così. Mentre la struttura della pagina è a mio avviso troppo semplice, lontana anni luce dagli standard odierni, la griglia è classica tranne per alcune scelte gradevoli ma sempre già viste, uno stile Bonelli 2.0 che conosciamo fin troppo bene. Tirando le somme la parte grafica sarebbe da lode, ma gli errori elencati sopra (a mio avviso molto gravi) livellano tutto sulla sufficienza. Passiamo ora ai testi e alla trama.
La trama (come l'ambientazione) è molto originale... per essere Dylan Dog, ma se uno ha una buona cultura cinematografica e di Horror in generale i toni della narrazione suonano scontati e ripetitivi, generando poi il più grande errore dell'apparato testuale: colpi di scena impalpabili. Qui amici e amiche bisogna rendersi conto di una cosa importantissima. Le citazioni sono belle, ci fanno divertire e ci illudono di possedere una sconfinata cultura, non fanno male, quindi più ce n'è meglio è. BALLE le citazioni vanno sapute dosare, sono note di colore sparse qua e la non elementi di sostegno per una trama stiracchiata, perché poi si rischia il fatale errore che il lettore attento e informato preveda con facilità lo svolgersi degli eventi, cosa che in Dylan Dog 337 succede fin troppo spesso.
La delusione maggiore però mi è stata data dalla struttura narrativa, sono deluso perché è identica al pre rivoluzione e da uno bravo come Roberto Recchioni mi aspettavo qualcosa di più. Sono trentanni che le storie di Dylan (alcune capolavori di fama internazionale) hanno la stessa struttura fatta di: preambolo, spiegone, azione, complicazione, spiegone, colpo di scena, finale e coda. Sinceramente speravo che la rivoluzione riguardasse di più queste cose che l'addio di Bloch o la fantascienza (+o-) spinta. Questo, come la griglia della pagina, è un errore di cui gli autori però non hanno colpa, la colpa è da imputare invece all'editore e ai lettori poco critici o critici sulle idiozie. Visto che sono in tema narrazione continuo dicendo che le tempistiche sono ottime, mai un punto morto, mai pause o scene inutili, una narrazione spasmodica e intensa fatta come Recchioni comanda. La componente horror è resa alla perfezione mentre quella investigati non è ancora pervenuta, come dell'resto non sono pervenuti contenuti nuovi e le emozioni, qui purtroppo nessuno, negli anni, è mai riuscito a raggiungere il livello di Tiziano Sclavi, e la cosa mi rattrista sempre. Chiudo con i dialoghi, Roberto Recchioni è un bravo scrittore e un ottimo dialoghista, ma in questa storia i testi mancano di emozioni, le frasi (seppur immediate, verosimili e mai stucchevoli, che non è poco) non hanno la grinta e la forza propulsiva che abbiamo letto in Orfani o in altri lavori precedenti. Scorrono alla perfezione ma purtroppo non c'è una singola frase che rimanga nella mente, nel cuore o nell'immaginario del lettore tanto da farne una tag nei bagni di scuola e se non riesci a ricavarci neanche una tag da cesso meglio riscrivere tutto da capo.
La delusione maggiore però mi è stata data dalla struttura narrativa, sono deluso perché è identica al pre rivoluzione e da uno bravo come Roberto Recchioni mi aspettavo qualcosa di più. Sono trentanni che le storie di Dylan (alcune capolavori di fama internazionale) hanno la stessa struttura fatta di: preambolo, spiegone, azione, complicazione, spiegone, colpo di scena, finale e coda. Sinceramente speravo che la rivoluzione riguardasse di più queste cose che l'addio di Bloch o la fantascienza (+o-) spinta. Questo, come la griglia della pagina, è un errore di cui gli autori però non hanno colpa, la colpa è da imputare invece all'editore e ai lettori poco critici o critici sulle idiozie. Visto che sono in tema narrazione continuo dicendo che le tempistiche sono ottime, mai un punto morto, mai pause o scene inutili, una narrazione spasmodica e intensa fatta come Recchioni comanda. La componente horror è resa alla perfezione mentre quella investigati non è ancora pervenuta, come dell'resto non sono pervenuti contenuti nuovi e le emozioni, qui purtroppo nessuno, negli anni, è mai riuscito a raggiungere il livello di Tiziano Sclavi, e la cosa mi rattrista sempre. Chiudo con i dialoghi, Roberto Recchioni è un bravo scrittore e un ottimo dialoghista, ma in questa storia i testi mancano di emozioni, le frasi (seppur immediate, verosimili e mai stucchevoli, che non è poco) non hanno la grinta e la forza propulsiva che abbiamo letto in Orfani o in altri lavori precedenti. Scorrono alla perfezione ma purtroppo non c'è una singola frase che rimanga nella mente, nel cuore o nell'immaginario del lettore tanto da farne una tag nei bagni di scuola e se non riesci a ricavarci neanche una tag da cesso meglio riscrivere tutto da capo.
Sono sicuro che possono (Bonelli, Recchioni e compagnia cantante) fare molto di più, e lo spero caldamente, per questo gli do 3 SupeRagni su 5 di fiducia
(anche se il voto sarebbe 2) e già da ora posso dirvi amici e amiche che leggerò il prossimo numero di Dylan Dog, quindi se siete interessati a sapere cosa ne penso passate a trovarmi. Vi aspetto.
Il vostro amichevole SupeRagno dell'internet!
P.s. Se l'articolo vi è piaciuto, potete mettere un bel mi piace sulla pagina Facebook e soprattutto condividere, condividere e condividere. Grazie in anticipo a tutti quelli che lo faranno. Siete nelle mie preghiere.
P.p.s. Il mio giudizio sulla "rivoluzione" dovrà aspettare tempi più maturi, (anche se la strada imboccata non mi sembra quella giusta) ma se volete possiamo discuterne nei commenti in totale libertà.
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